LA RICERCA DELLA FELICITA'
psicologa e come ricercatrice, di dare una definizione della felicità
esaustiva, posso azzardare delle descrizioni, ma nulla vale di più della
personale esperienza.
A volte le persone hanno molto e non lo vedono, allora sono inquieti,
ansiosi, vagano intorno alle proprie nevrosi e appresso a chimere
future. Vedono la felicità come qualcosa che si ottiene avendo ciò che
più desiderano, qundi sempre proiettati nel futuro.
La cosa più frequente che si fa in questi casi è lo spostamento. Si
sposta l'obiettivo, si comprano cose, si fanno esperienze a gogo per
acquisire materiale per essere felici. Non si apprezza, a volte,
l'esperienza in sé, ma più il ricordo di essa. Si vive nel presente o
nel futuro.
Poi arriva il viaggio, il classico viaggio per trovare sé stessi, che può durare un giorno o mesi. Il mio è durato anni.
Si va lontani, per andare vicino, dentro di sé. Il luogo più lontano.
Si torna, si va, si torna di nuovo.
La felicità continua imprigionata in piccoli ricordi, intensi, ma che hanno già il sapore della perdita, del passato.
Infine si smette di cercare. E qualcosa ci piomba addosso. Un libro, un
incontro, molti altri in seguito, un cammino interiore, uno spirituale.
Poi arriva il compromesso, la scelta, il matrimonio, i conflitti.
Infine ci si stanca di lottare, e ci si abbandona, come quando nel mare
calmo ti metti a morto a galla, e dopo non devi fare nulla, non hai
impegni, senza fretta.
Allora succede qualcosa. Il sacrificio, la sofferenza, cominciano ad
essere più lievi, quasi belle. Finché tutto ha un senso. Preciso e
amabile. Tutto è ordine e bellezza. L'angolo della casa, il sorriso
della bambina, la quiete della notte. Il calore della doccia, la
morbidezza del cuscino.
E la gratitudine trabocca dal cuore, in un flusso continuo e dolce.
Questa è la mia felicità.