
Spesso mi è stato detto: "la felicità è uno stato d'animo passeggero". Io credo, invece, che sia uno stato permanente di fondo. Diciamo uno stato d'animo di base. Le preoccupazioni e la contentezza, quelli si che sono sensazioni transitorie, che si alternano nella nostra vita, ma lo stato d'animo di base, quell' intima sensazione che proviamo quando stiamo in contatto con noi stessi, in silenzio, quando si arrestano i pensieri che formano il ronzio che stordisce, ecco quello può essere felice o infelice. E da cosa dipende l'uno o l'altro?
Tutti abbiamo vicissitudini e preoccupazioni e sarebbe banale dire che dipende dal modo in cui le prendiamo, se con ottimismo o pessimismo. Ma ciò non risolve il problema. Da che cosa dipende avere ottimismo o pessimismo? Forse dal carattere, certo. Continuando nella mia riflessione, osservando parenti e amici, anche quelli che non vedevo da molto tempo, ho visto cambiare e scorrere le loro vite, e anche la mia. Ho notato una cosa semplice ma strabiliante: è felice, chi ha sviluppato una vita spirituale, che ha curato questa parte del suo essere. Potremmo anche dire religiosa, ma non nel senso dell'appartenenza a una religione, piuttosto chi ha un criterio "religioso" su cui basarsi, ma anche solo etico, che lo spinga ad essere migliore, più caritatevole, generoso, e anche ad accettare le vicissitudini come parte di un ordine universale, magari della legge causa effetto.
Chi crede alla reincarnazione, inoltre, possiede una visione più ampia per spiegarsi il concatenarsi degli eventi ed assumere la responsabilità delle conseguenzei del proprio comportamento. Tutto ciò aumenta la tranquillità e il senso di felicità interiore.
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