venerdì 10 ottobre 2014

SPECCHIO SPECCHIO DELLE MIE BRAME (da lezione AICI riassunto di Loredana Rubiu e Nadia Cacciamani)

 L'INVIDIA

Specchio, servo delle mie brame, chi è la più bella del reame?” – “Bella, tu sei bella mia regina, ma al mondo una fanciulla c’è ... ahimé assai più bella di te!”. L’invidia è un sentimento che divora chi lo nutre, maschi e femmine, in questo caso sappiamo tutti come finisce per la regina. Ma l’invidia ha due facce: sta a noi decidere quale guardare.
Secondo Karl Abraham, allievo di Freud, "L'invidioso non mostra soltanto di desiderare quel che l'altro possiede, ma unisce a questo desiderio impulsi di odio contro il privilegiato". (V. Abraham, 1923)
Dal latino in-videre, guardare contro, guardare con ostilità, nella nostra lingua il significato del termine vive nel risentimento che si prova per la felicità, il benessere e il successo altrui, sia che ci si consideri ingiustamente esclusi da tali beni, sia che, già possedendoli, se ne pretenda il godimento esclusivo.
Spesso l'invidia è confusa con la gelosia, l'avidità e il rancore, ma è un'emozione ben precisa. La prova la persona che desidera possedere ciò che altri hanno e che ritiene per un complesso di fattori di non poter avere.
L’invidia è uno dei sette vizi capitali, direttamente contrapposto alla virtù della carità. L’invidia nasce dalla relazione, dal confronto con l’altro, una dinamica sociale importante, poiché è tramite l’altro che affermiamo noi stessi. Prima di poter desiderare qualcosa che non abbiamo dobbiamo poterla vedere, è l’altro che fa nascere in noi il desiderio.
Dopo esserci confrontati nasce la consapevolezza della nostra mancanza, ed è da questa constatazione che possono scaturire sentimenti negativi verso sé e verso gli altri: senso di inferiorità, inadeguatezza, frustrazione, impotenza, odio e rabbia per la grandezza dell’altro che ci schiaccia. E in questo momento non vediamo più le nostre risorse, le nostre potenzialità, le nostre possibilità, ma si pensa solo a svalutare l’altro per impedire la caduta del proprio valore.

domenica 28 settembre 2014

STILI DI ATTACCAMENTO MADRE BAMBINO





LEZIONE ALLA SPECIALIZZAZIONE DI COUNSELING A.I.C.I.

 Verbale del 7 giugno 2014

L'ATTACCAMENTO E GLI STILI DI ATTACCAMENTO.

Dott.ssa Deborah Trinchi



Relatrice : Anna Maria D' Angeli





" L'attaccamento si puo' definire come un legame che una persona o un

animale ha con un altra persona o un altro animale, o tra una persona e un oggetto materiale. un legame che unisce le

due persone nello spazio e si protrae nel tempo. In questa sede affronteremo l'attaccamento tra due esseri umani, nella fattispecie, tra bambino e caregiver (ruolo in genere ricoperto dalla figura materna).

I comportamenti di attaccamento sono comportamenti che inducono la vicinanza e il contatto.

Nel piccolo dell'uomo cio' comporta sia un avvicinamento attivo e

comportamenti di ricerca del contatto, quali l'avvicinamento, il seguire, lo

stringersi vicino, sia comportamenti che fungono da segnali quali: sorriso,

pianto, e il richiamo."


Ainswort e Bell (1970) due grandi teorici dell'attaccamento con queste

parole definiscono la natura del legame che unisce il bambino a chi si prende

cura di lui.


Un 'altro teorico J. Bowlby critica l'ipotesi dell'amore interessato, cioe' che il

legame madre-figlio sia un processo di apprendimento di soddisfazione dei

bisogni legati alla fame, freddo, dolore etc.


Bowlby elabora una teoria della motivazione sociale "istintiva", una pulsione

primaria, l'esistenza di risposte sociali su base innata. Bowlby si rifa' alla

teoria di Darwin, sostenendo che il bambino e' gia' predisposto all'interazione

sociale.


Definisce l'attaccamento un legame (una diade) che si crea tra il bambino e

chi si prende cura di lui, una figura di riferimento che puo' essere non solo la

madre ma anche il padre o chi si occupa di lui, parla di "caregiver" ossia un

contenitore affettivo.



Bowlby ha elaborato un modello di attaccamento diviso in piu' fasi:

0-3 mesi: pre -attaccamento , il bambino riconosce la figura umana

3-6 mesi: inizia il legame, riconosce la figura e subentra la paura dell'estraneo

7-8 mesi: non ha la permanenza dell'oggetto ed ha l'angoscia da separazione

8-24 mesi: il bambino ha un attaccamento vero e proprio con il suo caregiver e
si vedono gli stili di attaccamento.

Dai 3 anni in poi si ha il consolidamento dell'attaccamento.



Sulla base degli studi di Bowlby , M. Ainsworth elabora la "Strange Situation".

E' una procedura standardizzata che ha l'obiettivo di attivare e intensificare i

comportamenti di attaccamento del bambino nei confronti del genitore ( o

figura di riferimento) sottoponendolo a una situazione di stress moderato, ma

cresciuta nel tempo. La procedura si svolge in un contesto non familiare al

bambino (strange=insolito), prevede la presenza di una persona adulta

sconosciuta al piccolo (estraneo) e una serie di separazioni e ricongiungimenti

col genitore. La strange situation misura la qualita' del legame di attaccamento.








STRANGE SITUATION





Fase Chi partecipa Durata Descrizione
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1 Madre bambino
osservatore 30 sec. L'osservatore introduce la madre e il
bambino nella stanza ed esce.
2 Madre bambino 3 min. Il bambino esplora ma la madre non
partecipa, se necessario il gioco
viene stimolato dopo 2 min.
3 Madre bambino
estraneo 3 min. Nella stanza entra l'estranea. Nel
primo minuto l'estranea rimane in
silenzio, nel secondo minuto
conversa con la madre.

4 Bambino estranea 3 min. Prima separazione. Il comportamento
dell'estranea deve adattarsi a
quello del bambino.

5 Madre bambino 3 min. Prima riunione. La madre saluta e/o
conforta il bambino, poi tenta di
coinvolgerlo nuovamente nel
gioco. A quel punto si allontana
nuovamente dalla stanza, saluta
il bambino.

6 Bambino da solo 3 min. Seconda separazione.

7 Bambino estranea 3 min. Continuazione della seconda
separazione. L'estranea entra e
adegua il suo comportamento a
quello del bambino.

8 Madre bambino 3 min. Seconda riunione. La madre saluta
prende in braccio il bambino e
lo conforta, poi tenta di
coinvolgerlo nuovamente nel
gioco.







La Strange Situation ha permesso di individuare con precisione le categorie

di attaccamento , in cinque stili:

1. L' attaccamento sicuro.

2. L' attaccamento insicuro evitante.

3. L'attaccamento insicuro ambivalente.

4. L'attaccamento disorganizzato/disorientato.


ATTACCAMENTO SICURO.

Il bambino nella Strange Situation manifesta un desiderio di vicinanza e

contatto fisico e di interazione con la figura di attaccamento.

Quando questa e' presente il bambino appare autonomo nell 'esplorazione

dell'ambiente, e cerca la partecipazione dell'adulto , specie nei periodi di

separazione, durante la separazione puo' mostrare segni di stress, ma se cio'

accade e' in relazione all' assenza della figura di attaccamento e non al fatto di

essere stato lasciato solo ( questo si puo' osservare dal fatto che il bambino

non appare pienamente soddisfatto dalla semplice presenza dell' estranea,

ma continua a ricercare il genitore, a guardare di tanto in tanto verso la porta

etc.).

Nel ricongiungimento il bambino sicuro manifesta segnali di attaccamento nei

confronti del genitore, lo "saluta" (ad es. con un sorriso, una vocalizzazione,

un tentativo di avvicinamento), ricerca la sua vicinanza, oppure se e' a disagio

richiede il contatto fisico e consolazione.

Il ritorno della figura di attaccamento sembra dare sollievo al bambino che

tende a consolarsi e a riprendere l'esplorazione dell' ambiente.

Il bambino sicuro manifesta quindi un comportamento di base sicura, il

genitore rappresenta un "porto" sicuro, presso il quale rifugiarsi e trovare

protezione, ma dal quale potersi allontanare fiduciosamente per esplorare il

mondo circostante.

Possiamo quindi definire l'attaccamento Sicuro come un organizzazione

comportamentale e relazionale nella quale vi e' un corretto bilanciamento tra

indipendenza/autonomia e dipendenza. Il bambino sicuro ha interiorizzato un

solido sentimento di fiducia nei confronti della presenza e della disponibilita'

affettiva del genitore,e questo gli fornisce le risorse per allontanarsi da lui per

affrontare piccole e grandi scoperte. La certezza interiorizzata di disporre di

un genitore che rispondera' ai suoi segnali fa si che il bambino possa avere

fiducia nell'adulto, questo accade con un caregiver che si prende cura del

bambino ( una madre serena che accudisce il figlio).

Nelle ricerche sui bambini "non clinici" statunitensi la percentuale media di attaccamento sicuro e' stimabile tra il 54% e il 67% della popolazione mentre in Italia l'attaccamento sicuro e' meno frequente, solo nel 41,9% - 44,2% della popolazione.


ATTACCAMENTO INSICURO EVITANTE.

Il bambino nella Strange Situation mostra un notevole evitamento del genitore, in particolare negli episodi di riunione.
Questi bambini nella procedura appaiono autonomi e indipendenti, centrati piu' nell'esplorazione dell'ambiente che sulla presenza dell'adulto di riferimento.
Nelle separazioni mostrano minori segni di disagio e di ricerca del genitore, nel ricongiungimento sembrano ignorare o dare poco rilievo al ritorno dell'adulto, ad es. salutandolo distrattamente oppure mostrandosi assorti nel gioco.
Essi minimizzano le proprie reazioni affettive in particolare dopo le separazioni, e sono coinvolti nel gioco.
In questi bambini il genitore non rappresenta una vera e propria base sicura, quindi tendono a non far riferimento a lui quando sono spaventati o a disagio, cosi come nelle situazioni di breve separazione, non manifestando desideri di vicinanza, contatto e rassicurazione. Questi bambini tendono a inibire la manifestazione dei propri bisogni psicologici di protezione rispetto alla figura di attaccamento, enfatizzando uno stile relazionale di autonomia e indipendenza.
Cio' accade con il caregiver che passa del tempo con il bambino ma lo ignora.
Negli Stati Uniti l'attaccamento Evitante viene osservato in media nel 20,05-22,9% della popolazione , mentre in Italia la percentuale e' superiore, raggiunge il 39,5% dei casi.


ATTACCAMENTO INSICURO AMBIVALENTE.

Nella Strange Situation quesi bambini manifestano un marcato attaccamento nei confronti del genitore, tendono ad essere centrati più sulla relazione con l'adulto che sull'esplorazione dell' ambiente circostante e cio' diviene sempre piu' evidente con il trascorrere della procedura.
Tendenzialmente, i bambini manifestano fin da subito una minore capacita' di esplorare l'ambiente in modo autonomo e di interagire con la figura estranea, un notevole disagio durante la separazione, accompagnato da una minore capacita' di recupero nei momenti di ricongiungimento.
Il ritorno del genitore dopo la separazione non sembra sufficiente a consolarli, anzi mettono in atto manifestazioni di attaccamento caratterizzate da sentimenti di rabbia o da passività' che non si placano anche quando il loro fine ( ottenere la presenza della figura di attaccamento) viene raggiunto, l'attaccamento Ambivalente e' poco frequente sia nei bambini statunitensi (7,5%-12,5%) sia nei bambini italiani (14-16,3%). Questo tipo di attaccamento e' tipico in bambini con madre depressa ed ansiosa.






ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO / DISORIENTATO.

Le ricercatrici Mary Main e Judith Solomon verso la fine degli anni '80 sono riuscite ad isolare e descrivere ulteriori tipi di comportamenti dei bambini che prima non erano classificabili, e che testimonierebbero la mancanza o l'insussistenza di una strategia organizzata di comportamento da cui deriva il termine "disorganizzato".
Le caratteristiche sono: la contradditorieta' di alcuni movimenti osservati che fanno dedurre una contraddittorieta' nelle intenzioni o nei piani comportamentali del bambino (disorganizzazione) , la sensazione che il bambino abbia una perdita di orientamento nell'ambiente circostante (disorientamento).
Il comportamento di questi bambini esprime momenti di confusione legati a una profonda incapacita' di organizzare la situazione ed una grave incapacita' a orientare il comportamento stesso e l'affettivita', accompagnati da atteggiamenti visibilmente impauriti e rigidi sia a livello corporeo sia per l'espressione del volto.
Quindi questi bambini hanno un comportamento apparentemente simile a quello dei bambini Sicuri, Evitanti o Ambivalenti, ma in alcuni momenti sembra privo di una strategia coerente nella relazione con il genitore.
L'aspetto rilevante e' che i comportamenti disorganizzati o disorientati si verificano solamente quando il genitore e' presente e, sopratutto, nei momenti di riunione dopo la separazione come se non si trattasse di una caratteristica del bambino , ma di un tratto definitorio della relazione. Attaccamento tipico di un bambino con madre ansiosa e psicotica con eccessiva ira.

Per Bowlby e' importantissimo il legame di attaccamento , da questo dipende lo sviluppo della persona, ad esempio l' angoscia da separazione in eta' adulta e' riconducibile a periodi di distacco e angoscia nell'infanzia.
Il modello di attaccamento sviluppato nei primi anni di vita si ritrova poi come modello relazionale nei rapporti futuri, ad esempio nel rapporto di coppia, nei rapporti sociale, nel rapporto con i figli.



Nel lavoro del Counselour e' importante avere informazioni sull ' infanzia del

cliente, per poter trovare avere quelle notizie fondamentali per il suo

lavoro, cosi' come il bambino trova nella figura di accudimento una base

sicura, chi sta vivendo un momento di confusione deve trovare nella figura

del counselor una persona accogliente che lo puo' aiutare nell'esplorazione

del Se'.



BREVI CENNI SUGLI STUDIOSI CITATI

John Bowlby (1907/1990)
Psicologo e psicoanalista Britannico ha elaborato la teoria dell'attaccamento.
Opere:Attaccamento e perdita vol1,vol2,vol3.
Costruzione e rottura legami affettivi.
Una base sicura.
Darwin, una biografia nuova.

Mary Ainsworth (1913/1999)
Psicologa Canadese allieva di J. Bowlby ed esperta in psicologia dello sviluppo. Ha sviluppato il paradigma di ricerca della Stange Situation.

John Bell pioniere della terapia famigliare (1951).

Mary Main (1943/1973)
Psicologa Statunitense esperta in psicologia dello sviluppo.

Judith Solomon
Psicologa e ricercatrice Californiana.
Opere: Disorganized Attachment and Caregiving.

Charles Darwin (1809/1882)
Naturalista e geologo Britannico, celebre per la teoria dell'evoluzione della specie animale e vegetale.
Opere: Origine della specie (1859).

lunedì 22 settembre 2014

sabato 6 settembre 2014

COSTELLAZIONI FAMILIARI. NUOVO INCONTRO SETTEMBRE


NUOVO INCONTRO COSTELLAZIONI FAMILIARI
aperte iscrizioni
Leggende familiari, aneddoti. Tutto ci porta indietro nel passato, nelle nostre radici più profonde.
Il passato, la famiglia, le origini, ci influenzano più di quanto crediamo, in modo spesso inconsapevole.
Le Costellazioni Familiari consentono di riappropriarci di questo pezzo di identità presente in noi, prendendone consapevolezza.
Conoscendo le origini possiamo gestire meglio il presente, consapevoli e non più vittime di dinamiche automatiche che portano spesso a lidi dolorosi.

L'incontro sarà di 4 ore e condotto secondo la linea Sistemico Relazionale. Terapeute: Dott.ssa Deborah Trinchi e Dott.ssa Rosa Ciniglio
Come sempre ogni partecipante potrà lavorare sul proprio caso, con l'aiuto del gruppo.
Max 10 patecipanti.

DATA:
mercoledì 24 settembre ore 18.00

Indirizzo:

Via Ammannati, 4. PARIOLI. ROMA

per PRENOTARSI:

manda una mail a :

deborahtrinchi.psicologia@hotmail.com

INVESTIMENTO:
Eur 90. da dividere in due volte

lunedì 25 agosto 2014

FEMMINICIDI E ALTRI ABUSI












 Statistiche italiane tratte dalla associazione Casa delle donne per non subire violenza.  Di Bologna  http://www.casadonne.it/wordpress/

Vorrei parlare del ruolo dei media e sommariamente delle risorse legali che abbiamo per contrastare questo incremento impressionante di violenza sulle donne degli ultimi tempi.
Femminicidio è una parola che personalmente abolirei, qualifica un crimine che dovrebbe essere considerato contro la persona  in generale, non contro la donna, ma dobbiamo pur sempre ammettere che sono per la maggioranza uomini, che compiono la barbarie sulla partner, o ex partner, sui figli, ed infine su se stessi.
Che cosa sta succedendo?
I sociologi ci potranno spiegare che l'emancipazione femminile non è stata accompagnata spesso da una evoluzione nella stessa direzione dell'evoluzione maschile. Gli uomini si vedono lasciati soli, impotenti di fronte alla decisione della compagna di prendere nuove strade. Complice la crisi e la perdita di lavoro ed ecco il risultato.
Ma sarà poi così? Ritengo questa spiegazione semplicistica.
La violenza è sempre violenza, e da psicologa non posso fare a meno di pensare ad un incastro. Tutti noi ci incastriamo con il partner per nostre virtù e nostre nevrosi, che ci attraggono inesorabilmente verso un certo tipo di persone.
L'omicidio è solo l'ultima tappa, nessuno diventa pazzo da un giorno all'altro. O violento da un giorno all'altro. L'abuso domestico, anche solo psicologico è molto precedente. A volte rimane psicologico, a volte diventa fisico, a volte si fa intrusivo, come nei casi di stolking. Tutte le volte che una persona non rispetta i "confini", psichici, fisici, di un'altra, è violento.

Facciamo un esempio.
Una donna ripete ad un uomo (ma anche viceversa) che lo lascia e non vuole essere più cercata. Lui/lei, ignora quello che dice e, adducendo un supposto amore sfrenato insiste nel cercare di sedurla, nel chiamarla, nel farsi vivo.
Spesso l'ex partner è ancora preso e cede, non si arrabbia, prende tutto ciò con la compassione per il cuore ferito, e l'ego inorgoglito per il sentirsi amato. Ma è amore? NO. E' già violenza.
Si impone mettere i CONFINI a qualsiasi tipo di violenza. Bloccare il telefono, e se necessario rivolgersi alle autorità.
Perché non lo fa questa persona? Chiaramente ha una "tendenza" a farsi abusare. Questo tipo di tendenza a farsi abusare indica una scarsa autostima e svalutazione dell'Io.
Ma la soluzione c'è. La terapia, o i gruppi, esistono centinaia di associazioni che si occupano di questo. Quella che ho citato inizio articolo è solo una delle tante.

Torniamo alla legge. Molto bene la legge sullo stolking, ma non basta. Mi sembra che l'attenzione sia tutta sul "mostro", che certamente ha bisogno di essere fermato e di aiuto psicologico, ma la struttura psicologica della vittima è molto più importante.

 La mia proposta concreta è la seguente:
Includere in una legge contro la violenza sulle donne, per esempio quella dello stolking , una parte che imponga alle vittime un periodo di trattamento psicoterapico, con rimborso e a prezzi facilitati, se privato, o in associazioni pubbliche o di volontariato. Documentato. Questo garantirebbe, spesso, l'uscita della futura vittima, purtroppo spesso è così, dall'incastro malato con il suo carnefice o aggressore.

Ultimo argomento che vorrei trattare: i media.
Lungi dal ritenere responsabili i giornalisti di crimini avvenuti, ritengo comunque, che ci possa essere un fenomeno di emulazione, da parte di persone squilibrate, dell'omicidio di un altro.
Ricordo il caso, tempo fa, di un italiano che fece buttare dell'acido sul viso della ex partner, un avvocato, se non ricordo male. Lui fu condannato. Ma nulla mi tolse dalla mente la circostanza di emulazione di metodi usati in paesi asiatici  per punire donne "colpevoli" di rifiutare il pretendente o di volersi scegliere il fidanzato. Sicuramente il fenomeno necessita di approfondimento.

Link di un video, delicato ma efficace contro la violenza sulle donne.
https://www.youtube.com/watch?v=9KrK9fDNYXk

giovedì 10 luglio 2014

domenica 11 maggio 2014

STRATEGIA PER COMUNICARE IN GRUPPO


La comunicazione è tutto. Molto di quello che ci succede ha un effetto se riusciamo a condividerlo. Altrimenti viene usato solo per noi. Per questo ho deciso di scrivere questo piccolo vademecum di semplici regole o strategie che si usano, e possono andare bene, in tutti i gruppi, siano essi di studio, di lavoro, spirituali, o terapeutici.
Le regole di comunicazione servono al fine del raggiungimento dell'obiettivo del gruppo, qualsiasi esso sia.
Chiaramente sono ammesse eccezioni, senza eccessivo disturbo per il fine del gruppo, a patto che queste eccezioni rimangano tali e non diventino la regola.
Nei gruppi grandi, più di 5 elementi, ci dovrebbe sempre essere un moderatore (che puo' essere la stessa persona oppure, ancor meglio, a rotazione), che vigila sulla comunicazione, media sui conflitti di opinione, e contribuisce a portare il gruppo al raggiungimento del suo obiettivo.

Regole per una efficace comunicazione in un gruppo

  1. Sospensione del giudizio
    Il giudizio parte da un moto interno, è quello che ci suggerisce che la nostra opinione è giusta e quella dell'altro sbagliata, oppure che il nostro comportamento è giusto e quello altrui sbagliato. Non c'è niente di male a pensare questo, significa essere sicuri delle proprie opinioni, però, si dovrebbe dare all'altrui pensare quello che si chiama “beneficio del dubbio”; ovvero pensare che, si, si è sicuri di sé, ma c'è sempre la possibilità di stare nell'errore. Mai escludere questa possibilità è segno di maturità intellettiva e morale allo stesso tempo, perché si prende coscienza del proprio essere fallibile, come tutti gli altri, e si perde l'onnipotenza, che rende ottusi. Nella comunicazione di gruppo importante è dare ancora maggior risalto a questo “beneficio del dubbio” internamente, ancor prima che nell'espressione verbale. Quando l'altro esprime un'opinione accoglierla e soppesarla invece di rigettarla immediatamente al mittente. Il proprio disaccordo può essere espresso sempre con la ferma convinzione che l'opinione dell'altro vale per lo meno quanto la nostra, e con la giusta delicatezza, come vorremmo che ci si rivolgesse a noi quando esprimiamo un concetto, un'idea o raccontiamo un'esperienza.
  2. Parlare uno alla volta
    Siamo in Italia, abituati a talk show televisivi in cui la gente si interrompe, si aggredisce e si parla sopra in continuazione, non abbiamo certo grandi esempi. Cerchiamo allora nei gruppi sia di lavoro che di studio, a maggior ragione in gruppi con obiettivi spirituali e di crescita, di non lasciarci trascinare da questi esempi insani. La maturità di aspettare il proprio turno è fondamentale per il buon funzionamento di una qualsiasi comunicazione di gruppo. Un buon metodo è quello di alzare la mano, in modo che il moderatore ci veda, aspettando che l'altro finisca di parlare, per prendere la parola.
  3. Aspettare che l'altro abbia estrinsecato interamente il concetto prima di rispondere, indica rispetto e anche umiltà, non dando per scontato che abbiamo capito ciò che l'altro ci sta dicendo prima ancora che finisca (il che, al contrario indica un certo grado di presunzione).
  4. Feedback: Comunicazione sull'Io e non sul Tu.
    É importante cominciare la comunicazione con frasi tipo “io.... ho l'impressione che......” o “quello che dici mi fa sentire.....” e non con “tu sei.......” o “tu hai fatto....” ecc. Usare il “tu” può etichettare l'altro, farlo sentire accusato, o incasellato dentro una categoria qualsiasi ed offenderlo; aprire il feedback con le proprie impressioni ed emozioni, comunica meglio, in quanto colui che riceve il feedback sa che si tratta di opinioni prettamente personali dell'emittente e non giudicanti o di valutazione generica sul comportamento del ricevente.
  5. Non imporre il proprio punto di vista come l'unico giusto considerando quello degli altri come sbagliato. Come il punto 3, questo non imporre significa avere un certo grado di umiltà, oltre che di educazione, anche se dentro di noi siamo convinti al 99% della nostra opinione. (Non ho scritto al 100% di proposito, perché voglio sperare che chi legge attribuisca almeno un 1% di possibilità di errore alle proprie convinzioni).
  6. Cominciare le frasi elogiando un qualsiasi aspetto della comunicazione o del comportamento dell'altro, anche se siamo in disaccordo con parte del suo contenuto, concentrandoci su alcuni aspetti che invece ci hanno colpito favorevolmente, sempre ce ne sono. Questo atteggiamento favorisce la comunicazione, l'interlocutore si rilassa e si sente accolto, ed è più pronto a ricevere un eventuale parere contrario alla sua opinione, in seguito.


sabato 5 aprile 2014

IO MI RACCONTO


IO MI RACCONTO



Quando decisi di creare il progetto “Io mi racconto” fu sulla base di un testo a cui collaborai con l'Upter, sull'autobiografia. Fu una bella esperienza, capii quanti luoghi della memoria abbiamo da esplorare, sconosciuti apparentemente ma che formano tessuti interni, fibre del nostro essere. E che cos'è la memoria se non una storia che ci raccontiamo? “Io mi racconto” è un laboratorio per recuperare la storia, che è quella da cui nasciamo noi come individui, attraverso le storie raccontate da altri, o da noi stessi, che tassello dopo tassello contribuiscono a creare l'Identità.
Che cos'è l'Identità? Possiamo definirla un po' come il Sé: fluida, flessibile, impermanente, formata da tanti piccoli IO come il grappolo d'Uva.
Allora vi lascio con una domanda: Che cosa c'è di Permanente nella nostra Identità?
 iL progetto "Io mi racconto" sarà un ciclo di incontri sul tema DIARIO COME AUTOBIOGRAFIA. Vi informerò presto sulla data e il luogo.


domenica 12 gennaio 2014

NUOVO CORSO PSICOLOGIA E OLTRE

http://www.accademialar.it/Corsi/Psicologia/

SIETE INVITATI AL CORSO : PSICOLOGIA E OLTRE, AL LAR, (LIBERA ACCADEMIA DEL SAPERE), 
ARGOMENTI DEL CORSO:
 Scienza e questioni fondamentali dell'esistenza; dimensioni dell’essere umano: fisica, psicologica, spirituale; sviluppo ed evoluzione versus crescita, integrazione e trasformazione; autorealizzazione; profondità versus superficialità (la dimensione verticale e orizzontale del
contatto); inconscio e coscienza, stati di coscienza, il contatto profondo; come dentro, fuori (approfondimenti sulla vita interiore); sogni, archetipi e simboli: l’altro linguaggio; avvenimenti non usuali; oltre il confine, esperienze di confine, il transpersonale; le domande evolutive.
 
MERCOLEDÌ 11.00 - 13.00
dal 22 GENNAIO 2014